Vela e Trekking in Sardegna, 26/09 – 02/10 2012. Una vera settimana multipassione in policromia

13/10/2012

Corso sperimentale

BLU – VERDE – ROSA – BIANCO:
Ascesa a Punta Cannone – Tavolara


Quattro colori dominanti hanno caratterizzato la settimana trascorsa da un gruppo di levantini al corso sperimentale di vela + escursionismo terrestre: il blu del mare, il verde della macchia e dei boschi, il rosa dei graniti e il bianco del calcare di Tavolara. L’aggiunta di un’esplosione di fioriture dovute alle piogge di fine estate ha reso il quadro sempre più somigliante a una tavolozza impressionista.
Il suggestivo mix di colori di questa stagione ha accompagnato il mix intenso di attività che il gruppo ha realizzato: non solo navigazione ed escursionismo, ma anche cultura, approfondimenti naturalistici e di storia locale e, ovviamente, enogastronomia con porcettu e cannonau, zuppa gallurese, pesce…

Uscite vela su Stark – equipaggio


La novità: il trekking
Andiamo con ordine: il programma prevedeva un’alternanza di uscite in barca, sugli Stark, e di escursioni a piedi, alcune impegnative con l’assistenza di una guida, altre più facili e turistiche senza guida. Ne è uscito un “corso” vario, molto apprezzato dai partecipanti, di grande interesse e fascino grazie anche alla presenza di Massimo Putzu, la nostra guida, grande conoscitore del territorio, della cultura e della storia sarda, naturalista e guida escursionistica professionale (http://www.tramontanaescursioni.ea29.com/ ).
Qui voglio parlare soprattutto della parte escursionistica del corso, la vera novità tra le nostre proposte sportive; le uscite su Stark, di esplorazione dell’arcipelago, hanno fatto da contrappunto, per completare anche l’angolo di visuale, all’esplorazione via terra dei dintorni; le uscite, assai gradite, sono state condotte con didattica da iniziazione visto che alcuni partecipanti erano alla prima esperienza nautica.

S. Pantaleo e le torri granitiche
La prima escursione è stata alle Torri granitiche di San Pantaleo, a circa 25 km dalla base. San Pantaleo è un piccolo borgo autentico, contornato da un massiccio granitico, con altezza massima di 800 mt. che lo separa dalla Costa Smeralda e dal golfo di Canniggione.

S. Pantaleo – Torri Granitiche


Questa separazione anche fisica dalla costa più famosa della Sardegna l’ha preservato praticamente intatto, senza gli eccessi edilizi delle località vicine, mantenendo un fascino antico e rurale. Quella mattina sulla piazza della chiesa si svolgeva il mercato settimanale, in un tripudio di colori e profumi di Sardegna. Appena fuori dal paese inizia il sentiero che conduce ai torrioni granitici: il programma prevedeva il giro alla base delle torri, con un percorso facile e senza grandi dislivelli di circa 5 ore; buona parte del sentiero si sviluppa sotto boschi e macchie di leccio, ginepro, erica arborea, olivastro.

S. Pantaleo – Torri Granitiche


Bello! Molto bello, però … Poco a poco le guglie granitiche che intravediamo sopra di noi tra le fronde esercitano un’irresistibile attrazione: “Non si può salire in cima e vedere il panorama dall’alto?” (Costa Smeralda da un lato, piana di Arzachena dall’altro). Massimo non se lo fa ripetere, ruota di 90° e comincia a inerpicarsi in un vallone detritico incuneato tra costoni e pareti a picco; tira fuori dallo zaino delle cesoie e, dove serve, si apre il varco tra rovi e cespugli. Man mano che si sale il percorso diventa un po’ più alpinistico, non difficile in realtà, con alcuni passaggi un po’ esposti che superiamo brillantemente (con qualche aiutino di Massimo). Siamo circondati da un paesaggio aspro, lunare: enormi rocce levigate dal vento strapiombano verso il bosco ormai lontano; in alto le creste erose dal salmastro sono disegnate di fantastici merletti, con figure che accendono la fantasia. Una è la testa di una cane, l’altra sembra un vecchio con la barba, quella è il rostro dell’aquila!
In circa un’ora e mezza di salita arriviamo alla cresta (a circa 700 mt di altezza) e vediamo dall’alto la Costa Smeralda e le isole di Mortorio: peccato solo il cielo velato e la visibilità non ottima. La discesa sull’altro versante segue un sentiero ben tracciato che progressivamente rientra nella macchia dove, all’ombra di un boschetto di lecci, facciamo una meritata merenda.

S. Pantaleo – Torri Granitiche


La variante alla cresta ha caratterizzato l’escursione come EE (escursionista esperto) e ha ovviamente allungato il percorso previsto: in tutto 7 ore.

S. Pantaleo – Torri Granitiche


Note a margine: abbiamo raccolto circa 2 kg di porcini reali, finiti in uno splendido risotto alla sera; di questi uno era veramente da esposizione: più di sette etti e sanissimo. (porcini in Sardegna??!??). Inaspettato incontro con tre testuggini marginate, una assai vecchia e di ragguardevoli dimensioni (50 cm. di carapace) e con due splendidi e isolati esemplari arborei: un maestoso Ginepro, probabilmente vecchio anche di 1.000 anni e un Leccio di almeno 5 secoli. Vetuste presenze sfuggite quasi miracolosamente al disboscamento intensivo operato nei due secoli scorsi, quando la Sardegna forniva traversine e carbone vegetale per lo sviluppo ferroviario del Regno di Sardegna (Piemonte) prima e del Regno d’Italia poi: storie di ordinario sfruttamento coloniale che ci racconteremo un’altra volta.

Un po’ di vela per godersi il mare di Sardegna

Capo Ceraso e il Parco fluviale di Padrongianus
Il tempo incerto e un po’ piovoso dei giorni successivi ci ha fatto rinviare l’escursione a Tavolara, permettendoci però di fare passeggiate meno impegnative nei pressi della base; alcune già praticate quest’estate quali la salita all’osservatorio antincendio sul monte Maladrummì (fantastico panorama sul golfo di Olbia e su quello di Porto Istana) o il giro delle spiagge delle Tre Sorelle, del Dottore, di Porto Legnaiolo, con splendidi bagni in acque smeraldine, o il giro della baia di Porto Istana fino alla costa Corallina.

Capo Ceraso e Parco fluviale di Padrongianus


E altri di nuovi: Capo Ceraso, lungo la costa nord del promontorio fino alla torretta militare sulla punta che fronteggia il profilo tozzo di Tavolara, con vista a 180° da Capo Figari a Punta Coda Cavallo; ma anche il parco fluviale del Padrongianus, il fiume che sfocia alle Saline nel lato sud del golfo di Olbia, con salita alla collinetta che separa la valle dalla piana dell’aeroporto sulla quale si trovano i resti di un nuraghe.

Parco fluviale di Padrongianus – resti Nuraghe


Per scoprire che nel 1.500 a.C. esisteva un sistema di torri nuragiche lungo la costa, poste a difesa, ma anche indispensabili per la navigazione e per l’entrata nei porti attraverso precisi allineamenti dati dai fuochi accesi sui tetti. (Ma come? Non si diceva che gli antichi popoli sardi non erano navigatori? Altro luogo comune, ci spiegherà poi Massimo, sfatato dalle più recenti ricerche archeologiche).

Parco fluviale di Padrongianus – Torretta di Capo Ceraso


Sardegna – vela e trekking – Spiaggia raggiungibile con breve escursione dalla Base Levante


Tavolara
E finalmente, l’ultimo giorno, l’escursione più attesa: ascesa a Punta Cannone, cima più alta di Tavolara, 564 mt. Sull’isola arriviamo con il capiente gommone di Axinella, condotto da Gian Mario che ci apre il bungalow dell’info point per attrezzarci (imbrago, moschettoni, caschetto) e lasciare il bagaglio superfluo.

Vela e trekking in Sardegna – Spiaggia raggiungibile dalla Base Levante con breve escursione


La salita è classificata EEA (escursionista esperto attrezzato), perchè l’ultimo tratto è su roccia esposta attrezzata con corda fissa, mentre la discesa si fa con una calata in corda doppia. Sull’isola però ci sono anche percorsi turistici per chi non se la sente di arrivare alla cima: il giro di Spalmatore di terra e la passeggiata fino a Punta la Mandria.

Passeggiata verso Punta Mandria


Il percorso inizia proprio da qui: un facile sentiero, quasi una stradina che sale lungo la costa sud ovest, dove si trovano i resti dei forni di produzione della calce, attività fiorente fino alla metà del secolo scorso.
Poi il percorso procede in massima pendenza lungo ripidi ghiaioni di roccia bianca, quasi abbacinante nel sole, e sfasciumi calcarei che ci fanno capire l’origine geologica dell’isola: una piattaforma di sedimento calcareo su un basamento più antico di granito.

Ascesa a Punta Cannone – Tavolara


La salita, pur faticosa, è accompagnata dalla continua vista del mare, che pare appena sotto di noi, quasi a portata di tuffo; il paesaggio è grandioso: si vede al di là di Punta Coda Cavallo fino a San Teodoro e la spiaggia della Cinta;

Ascesa a Punta Cannone – Tavolara


le isole dell’arcipelago risaltano nettamente sullo sfondo blu cobalto del mare, pare di toccarle; e più in là Porto Istana e Capo Ceraso. Si arriva dopo un passaggio in roccia a una cengia erbosa da cui parte il tratto finale alpinistico.

Ascesa a Punta Cannone – Tavolara


Alcuni si fermano, gli altri affrontano l’ultima fatica assicurandosi con corda e moschettoni e arrivano alla cima,

Tratto alpinistico – Ascesa a Punta Cannone


dove viene sventolata la bandiera CNL!
Eolo però ci gioca lo scherzo: il tempo, variabile per tutta la salita, alternando sprazzi di sole terso e luminoso a veloci passaggi nuvolosi, si mette al brutto e un violento acquazzone sorprende i nostri prodi bagnandoli completamente e complicando non poco la discesa.
Ci si asciugherà all’arrivo, al ristorante di Tonino mangiando panini davanti a un caffè bollente. Complessivamente cinque ore di escursione.
Note a margine: abbiamo incrociato storie (non tanto antiche) di tremenda fatica sul lavoro nei forni di calce, quando cavatori di pietra e boscaioli portavano le pietre estratte dalle rocce e il legname da combustione ai forni posti lungo la costa; e il trasporto poi, talvolta su improbabili barche a remi, della calce viva o delle stesse pietre verso il porto di Olbia (10 miglia) con la paura che montasse il maestrale a mandare tutti indietro o a fondo.
Da approfondire: la complessa struttura geologica dell’isola, in pratica una montagna dolomitica appoggiata su una piattaforma di granito quasi tutto sommerso tranne per alcuni costa nord: unica formazione calcarea di rilievo di tutta la Gallura; la flora, rigogliosa e fiorita dopo le recenti piogge; l’incontro con l’animale più noto dell’isola, la capra dai denti d’oro (colorazione dovuta alle particolari erbe che costituiscono la sua dieta) e il desiderio di vedere l’aquila, che ha dei nidi sulle cime e ogni tanto viene avvistata. E poi, la dolcezza, in contrasto con l’asprezza verticale della montagna subito incombente, dello Spalmatore, lingua di terra e sabbia che si allunga nel mare e vi si perde. Qui tenaci specie alofile difendono la duna dal vento e dal mare, qui in un minuscolo cimitero quasi a livello del mare riposano i re di Tavolara. Già, abbiamo anche conosciuto Tonino Bertoleoni, l’ultimo re di Tavolara. (perchè non lo sapevate che Tavolara era un regno? Il più piccolo del mondo, dicono).

Su Punta Cannone sventolano le vele Levante

Work in progress
L’esperienza è stata assai positiva e andrà sicuramente riproposta; molte altre sono le mete non molto distanti dalla base da scoprire: il Monte Nieddu, alle spalle di san Teodoro o Capo Figari con la casa di Guglielmo Marconi che da qui sperimentava le prime trasmissioni radio con il continente; e perchè no? Tiscali alla scoperta del villaggio nuragico completamente racchiusa all’interno di una gigantesca dolina carsica.
Senza dimenticare il mare e la vela: perchè da qui partiamo, dallo spirito di avventura e dalla curiosità verso il mondo che sono propri dei marinai; approdati su coste sconosciute a esplorare terre nuove.

(Tiz)